Le conseguenze del coronavirus sul calcio minore in Italia

Le conseguenze del coronavirus sul calcio minore in Italia

Novembre 27, 2020 Off Di Redazione

Quanto il covid si sia abbattuto violentemente anche sul mondo del calcio, lo si è potuto constatare, tangibilmente, per una notizia divenuta di dominio pubblico solo qualche giorno fa: l’Inter, che grazie a Suning può essere tranquillamente annoverato tra i club più ricchi del panorama calcistico europeo, ha congelato gli stipendi di luglio ed agosto fino al mese di febbraio.

Un chiaro segnale, d’altro canto, era arrivato durante il primo lockdown, quando il calcio, a differenza di quanto avvenuto durante questa seconda fase della pandemia, si era dovuto obbligatoriamente fermare. All’epoca, moltissime società professionistiche, dopo un faticoso accordo coi propri tesserati, non procedettero al pagamento di un paio di mensilità, a causa, in primis, dei mancati introiti televisivi e di tutto ciò che orbita, a livello di business, attorno al calcio.

 

A causa del covid, 3000 società dilettantistiche potrebbero chiudere i battenti

 

Se le prospettive nel mondo professionistico, seppur in un contesto fortemente ridimensionato dal punto di vista economico, sono comunque di una difficoltosa ripresa, l’ambito dilettantistico, invece, si lecca profondamente le ferite. Acuite, oltretutto, dallo stop imposto dalle autorità sanitarie anche durante il secondo lockdown.

Un dato, meglio di qualunque altro, ne è il più fulgido esempio: il 30% delle società dilettantistiche, quantificabili in un numero prossimo alle 3000 unità, ha chiuso o sarà costretta a chiudere i battenti. Un mondo, quello del calcio minore, che vede coinvolti oltre un milione di praticanti attivi e migliaia di dirigenti, che impiegano una parte significativa del proprio tempo libero per mettere all’atto pratico questa grande passione.

Un hobby, come ben sanno i proprietari di queste squadre, che comporta svariate tipologie di spese: da quelle primarie ed essenziali, come – ad esempio – il pagamento delle bollette di luce e gas o la manutenzione del campo di gioco, ad altre altrettanto indispensabili come l’acquisto delle tenute da gioco.

Ai praticanti o ai dirigenti, quindi, resta ben poco. Anzi, nelle ultime categorie della piramide calcistica nostrana, i praticanti sono spesso chiamati a dare un piccolo contributo per poter mantenere in vita la propria società, per far sì che la stessa sia in grado di far fronte a tutte le spese.

 

Dagli sponsor al botteghino, passando per i diritti tv: il calcio minore si lecca le ferite

 

Il blocco dei campionati, inoltre, non consente ai piccoli club di poter beneficiare dei rimborsi federali e dell’incasso del botteghino. Se si volge lo sguardo verso le serie dilettantistiche più importanti, che hanno un ottimo riscontro anche sul web con siti tematici di forte appeal come Tuttoeccellenza.it, il numero di appassionati è davvero ampio ed anche gli introiti derivanti dalla vendita dei biglietti hanno un peso specifico non irrilevante.

La presenza di alcuni blasonati club che hanno conosciuto nel passato il palcoscenico della Serie A, ne è un esempio lampante: Varese e Siena sono solo due esempi tra i tanti che si potrebbero fare. Durante il primo lockdown, oltretutto, lo stop imposto ai campionati professionistici ha generato una perdita di non poco conto all’intero settore del calcio dilettantistico.

Oltre il 30% del ricavato dei diritti televisivi, infatti, viene utilizzato per finanziare l’intero movimento del calcio minore italiano: la mancata possibilità di trasmettere partite in televisione, di conseguenza, ha avuto una ricaduta negativa anche su tutte le categorie non professionistiche, da quelle più importanti sino alla Terza Categoria, ultimo livello della piramide del calcio italiano.

Per la più importante categoria del mondo dei dilettanti, vale a dire la Serie D, la sospensione dei campionati ha generato ulteriori mancati introiti alla voce “sponsorizzazioni”, capitolo indispensabile per poter far quadrare il bilancio al termine di ogni stagione agonistica. I costi della Serie D, infatti, sono piuttosto ingenti, date anche le distanze chilometriche, talvolta tutt’altro che brevi, da dover percorrere per giocare alcune partite.